Un groviglio di lana e maltrattamento di animali
© Adobe Stock
La lana merino è molto gradevole da indossare e di conseguenza è cara. Per produrla le pecore merino vengono tuttavia sottoposte a sofferenze atroci.
Eva Rosenfelder
La lana merino è molto morbida e di ottima qualità. Non stupisce quindi che essa non venga apprezzata solo per sciarpe, pullover e giacche di lana, ma anche per l’abbigliamento outdoor e la biancheria sportiva funzionale. Questa tendenza è in crescita. A livello globale, la maggior parte della lana viene prodotta in Australia, Nuova Zelanda e Cina. In Australia più di 125 milioni di pecore forniscono oltre il 20 % della lana mondiale, di cui il 50 % proviene da pecore merino. Queste ultime sono apprezzate poiché sono in grado di fornire molta lana fine, dato che sono le uniche a produrre fino a dieci chili di lana all’anno. Questa qualità costa cara, non solo ai consumatori: innumerevoli pecore merino, soprattutto australiane, subiscono sofferenze atroci per la bella lana.
Il «mulesing» maltratta gli animali
Nelle grandi fattorie australiane vivono migliaia di pecore merino. L’allevamento intensivo e il clima caldo umido totalmente inadatto per questo tipo di pecore attirano molti mosconi che assediano le greggi. Per migliorare la produzione della lana (cioè per accrescere gli utili) le pecore merino sono state sottoposte a un allevamento selettivo per aumentare le loro pieghe cutanee, perché una maggiore superficie cutanea significa più lana ... Ma queste pieghe cutanee sono fatali per gli animali, soprattutto nella parte posteriore, dove rimangono attaccati resti di escrementi, urina e umidità. È il luogo che i fastidiosi mosconi prediligono per depositarvi le uova. Con conseguenze letali: le larve di mosca penetrano nella carne e provocano gravi infezioni, spesso con esito mortale. Durante i caldi mesi estivi molti animali muoiono inoltre a causa del calore eccessivo dovuto al vello folto, inadeguato in queste condizioni climatiche.
Gli allevatori cercano di impedire l’infestazione di mosconi con il «mulesing», definito come «rimozione chirurgica della cute nella zona anale» considerata innocua. In realtà si tratta di una pratica che maltratta gli animali: spesso senza alcuno stordimento o successivo trattamento delle lesioni, ai giovani agnelli vengono tolti pezzi di pelle, a volte grandi come un piatto, nella zona anale e nella maggior parte dei casi gli viene anche mozzata la coda. Secondo l’associazione australiana per la vendita della lana AWEX, a 2/3 delle pecore vengono nel frattempo somministrati almeno degli antidolorifici, ma milioni di animali continuano a non essere storditi.
Meno sarebbe di più
Dopo la cicatrizzazione, l’intervento traumatico per gli agnelli dovrebbe impedire una nuova deposizione di uova di mosca. Spesso ne derivano però infiammazioni o addirittura casi di cancro, come osservano i protettori degli animali australiani. Per evitare che nelle ferite aperte vengano di nuovo deposte delle uova, gli animali vengono trattati con insetticidi e fungicidi – non solo in Australia, ma anche in altri stati produttori di lana. Gli animali vengono immersi in una soluzione velenosa, pregiudicando così non solo la salute degli animali, ma anche quella dei consumatori, perché il veleno rimane impregnato nella lana.
Il mulesing potrebbe essere evitato del tutto mediante regolari controlli dei singoli animali e la tosatura delle zone a rischio. Ma ciò richiede tempo e costi aggiuntivi per pecora e per anno, cosa che un allevamento intensivo non accetta. È difficile trovare un allevatore australiano disposto ad assumersi queste perdite in un’industria caratterizzata dal crollo dei prezzi. I produttori di lana non vogliono nemmeno sentire parlare delle alternative proposte dagli animalisti come le trappole per mosche o l’allevamento di razze con una minore crescita di lana nelle regioni del corpo colpite, cioè più adatte al clima caldo. Soltanto la pressione esercitata dai consumatori insieme con la richiesta di una garanzia che i prodotti sono stati ottenuti senza il mulesing può smuovere la situazione.
Quasi sempre senza garanzia
Purtroppo non è facile esaminare i canali di vendita fino all’allevatore. Molti commercianti al dettaglio con centinaia di fornitori e marche nell’assortimento hanno solo una visione limitata della produzione. Una reale garanzia per una lana merino rispettosa degli animali è quasi inesistente. «Dal nostro punto di vista la soluzione più coerente consiste nel rinunciare del tutto alla lana merino australiana», afferma Barbara Engel, Responsabile Sostenibilità e Comunicazione della Triaz GmbH. Persino per la lana bio controllata non si può escludere il mulesing.
La Triaz ha ancora nell’assortimento solo pochi prodotti di lana merino di origine australiana, avendo ripiegato sulla Nuova Zelanda, sul Sud America e sulla Mongolia: «Per motivi climatici questi paesi non hanno il problema dell’infestazione di mosche e quindi non praticano quasi mai il mulesing». Contrariamente all’Australia, nel 2007 la Nuova Zelanda ha abolito il mulesing, anche se in alcuni luoghi viene ancora praticato. In generale molte aziende sono coscienti del problema del mulesing e pretendono espressamente dai loro fornitori solo prodotti esenti da questa pratica. La difficoltà consiste nell’esaminare in modo adeguato il rispetto di queste richieste: secondo i responsabili della borsa australiana della lana AWEX il 15% circa delle dichiarazioni riguardanti il mulesing non sono conformi o false. Poiché non ci sono quasi garanzie per una lana merino proveniente da allevamenti rispettosi degli animali, la Protezione Svizzera degli Animali PSA consiglia perciò di rinunciare all’acquisto di prodotti di lana merino.
Download: Piume, lana, pelle e pelliccia: Cosa devono sapere gli amanti della moda e degli animali